Un’esplosione di colori e frammenti giocosi cattura lo sguardo. Topolino, con le sue inconfondibili orecchie rosse, domina il centro della composizione, simbolo di un’infanzia spensierata, fatta di gioco, fantasia e mondi immaginari. Attorno a lui, piccoli elementi evocano il divertimento leggero dei bambini: due maialini, una paletta da spiaggia, un cucchiaino giocattolo. Sono oggetti semplici, frammenti di memoria collettiva che trasportano un senso di gioia e nostalgia.
Ma questo quadro non è solo un omaggio ai ricordi felici. Qualcosa di più profondo e inquietante si nasconde nello sfondo. Un’ombra si intravede tra le pennellate, una sagoma di pesce abissale, quasi invisibile, ma presente. Da lui sembra partire un’esplosione di plastica e colore, un vortice caotico che contamina la scena con linee frenetiche, schegge di materia, detriti dispersi.
L’allegria e il gioco si scontrano con un senso di disordine e caos.
L’infanzia viene inghiottita dall’inquinamento, i ricordi si confondono con i rifiuti.
La plastica non è più solo un oggetto di divertimento, ma il residuo di un mondo che si sta dissolvendo.
Il contrasto è potente: la bellezza dell’infanzia contro la minaccia ambientale, la leggerezza dei giochi contro il peso del degrado. L’oceano, che un tempo era solo sfondo di avventure immaginarie, oggi restituisce i resti di quel passato, trasformandolo in rifiuto.
Eppure, l’energia di questa esplosione non è solo distruzione. È movimento, è cambiamento, è consapevolezza. L’infanzia non è ancora perduta, ma ci chiede di scegliere: vogliamo che i nostri sogni diventino relitti o che trovino un nuovo modo di esistere?
Possiamo ancora salvare la magia? O sarà inghiottita dalle profondità del mare?