Tra due mondi

Un volto emerge dalla materia pittorica, appena percettibile, come un’ombra che affiora tra il caos e la quiete di un mondo in bilico. Gli occhi si intravedono, ma lo sguardo è distante, quasi assente, perso in una dimensione di attesa e sospensione. La bocca è sigillata da un frammento di plastica, che evoca l’attacco di un respiratore, simbolo di un tempo in cui il respiro stesso era diventato precario, minacciato, artificiale.

Quest’opera, realizzata nei giorni del lockdown, racchiude tutta l’atmosfera surreale di quel periodo: il silenzio irreale delle città, la paura invisibile, l’angoscia collettiva di un’umanità costretta a fermarsi di fronte a un nemico intangibile. La figura umana non comunica, non esprime dolore né ribellione, ma sembra sospesa tra due mondi: quello reale, fatto di isolamento e incertezza, e quello interiore, in cui il tempo ha perso ogni significato.

La superficie pittorica è densa, frammentata, attraversata da segni e materiali di recupero che creano un tessuto di memoria e disorientamento. Il colore si scompone tra zone fredde e calde, tra il blu che evoca un cielo lontano e il verde-giallo che richiama un paesaggio contaminato, quasi un’eco della vita che continua al di là della clausura. Ma il vero segno della frattura sono le incisioni sul polistirene, tagli netti e caotici che lacerano la superficie come ferite aperte.

Queste fenditure nella materia non sono semplici elementi visivi, ma testimonianze fisiche di un trauma, il riflesso tangibile di una realtà sconvolta. Sono cicatrici che interrompono l’armonia, frammentano la narrazione e rendono la figura ancora più sospesa, incerta tra il ricordo di ciò che era e la paura di ciò che verrà.

L’opera non è solo un documento di quel tempo, ma una riflessione più ampia sulla condizione umana in momenti di crisi: quando la vita sembra sospesa, il respiro diventa il bene più prezioso e il confine tra il dentro e il fuori, tra l’individuo e il mondo, si assottiglia fino quasi a dissolversi.