L’Eleganza dell’Inganno
Un pesce perfetto, leggero, quasi evanescente. La sua silhouette si staglia su uno sfondo dorato, evocando un’icona senza tempo, un’immagine sacra. La sua trama, finemente cesellata, richiama la delicatezza di un ricamo prezioso, il raffinato intreccio di una natura idealizzata. Ma è un’illusione.
Plastic Fish è un paradosso visivo ed etico. La bellezza della forma cela la brutalità della sostanza: il corpo di questo pesce è composto da filtri di depurazione, oggetti progettati per proteggere l’ambiente, ma finiti alla deriva nelle acque che avrebbero dovuto purificare. Recuperati sulle spiagge, questi frammenti plastici non appartengono al mare, eppure il mare li ha inghiottiti, li ha trattenuti e infine restituiti.
Al centro della composizione troviamo i dischetti filtranti fuoriusciti dagli impianti di depurazione di Capaccio Paestum nel 2018, una delle più grandi contaminazioni costiere degli ultimi anni. Ma questa non è solo una storia italiana: questi piccoli cerchi bianchi sono stati ritrovati lungo le coste di Spagna, Francia, Tunisia, Algeria e persino in Grecia e Turchia. Una deriva inarrestabile che dimostra come il Mediterraneo sia un unico organismo vivente, in cui l’inquinamento viaggia senza confini, attraversando le acque e approdando ovunque il vento e le correnti lo portino.
Il contrasto tra contenuto e forma è una riflessione sulla dicotomia tra progresso e fallimento, tra controllo e caos. L’oro dello sfondo richiama l’iconografia sacra, elevando il soggetto a un simbolo universale, ma è anche una maschera: ciò che appare prezioso è in realtà inquinamento, ciò che sembra vita è invece plastica inerte.
L’arte qui si fa strumento di denuncia e di risignificazione: ciò che era scarto diventa messaggio, ciò che era abbandonato si trasforma in una narrazione potente. Plastic Fish non è solo un’opera, è una domanda aperta: quanto c’è di autentico nella nostra idea di progresso? Quanto siamo disposti a vedere oltre la superficie?
Un’opera iconica, che parla il linguaggio dell’arte contemporanea e quello dell’attivismo ambientale, invitando lo spettatore a fermarsi, a interrogarsi, a non fidarsi della sola bellezza
