Omaggio a Kandinsky

L’opera si presenta come un universo vibrante di forme circolari sospese su uno sfondo dorato, un ritmo visivo che richiama la musica astratta della pittura di Wassily Kandinsky. Ma ciò che a prima vista sembra pura armonia geometrica, rivela una natura ben diversa: ogni cerchio è un frammento di plastica, un residuo del nostro tempo trasformato in elemento estetico.

I cerchi, simboli di perfezione e infinito, qui diventano tracce di un mondo in cui l’artificio ha sostituito l’organico. Sono tappi, guarnizioni, anelli, ingranaggi dispersi e recuperati dal mare o dalla terra, ora riordinati in una composizione che ne esalta la bellezza involontaria. Il loro assemblaggio casuale ma dinamico genera una struttura che sembra pulsare, come una costellazione artificiale o una visione microscopica della materia che compone la nostra epoca.

Lo sfondo dorato evoca una luce calda, quasi sacra, trasformando questi elementi di scarto in icone contemporanee, reliquie di una modernità che si fa estetica senza rinunciare alla sua ambiguità. Il richiamo a Kandinsky, pioniere dell’astrattismo, suggerisce un dialogo tra passato e presente, tra arte pura e oggetti nati senza alcuna intenzione artistica, ma che trovano qui una nuova funzione visiva e concettuale.

L’opera invita a interrogarsi su come percepiamo il valore della forma e della materia: ciò che è considerato rifiuto può diventare composizione armonica? La plastica, prodotta in serie e dispersa nel mondo, può essere riassemblata in un linguaggio artistico che sfida la nostra concezione di bellezza e consumo?