L’ultimo volo

In un cielo opaco e senza orizzonte, un uccello prende forma, sospeso tra materia e dissolvenza. Il suo corpo non è fatto di piume leggere, ma di plastica fusa, residui contorti di un mondo che ha trasformato la natura in qualcosa di nuovo, di innaturale. È ancora un uccello? O è solo il ricordo di un volo?

L’opera gioca sulla percezione visiva e concettuale: la sagoma dell’animale emerge in modo quasi casuale dalla materia, evocando un fossile del futuro, un reperto geologico dell’Antropocene, in cui la plastica ha sostituito la carne e le ossa. La texture bruciata, i contrasti tra trasparenze azzurre e toni spenti suggeriscono una lotta tra la leggerezza e il peso, tra l’aria e il decadimento.

Lo sfondo scuro, lavorato con pennellate circolari, sembra evocare una spirale, un vortice, forse un’eco della fuga o una scia che si dissolve. Ma dove sta andando questo uccello? Sta ascendendo o precipitando? È libero o è già parte del paesaggio tossico che lo ha generato?