Infodemia

Viviamo in un’epoca di eccesso, di sovraccarico, di accumulo. L’informazione, che un tempo era conoscenza, oggi è diventata una massa inarrestabile di dati, immagini, parole e opinioni che si stratificano nella nostra mente senza che possiamo realmente assorbirle o comprenderle. Il risultato non è più sapere, ma saturazione.

L’opera rappresenta visivamente questa condizione. A prima vista, la forma potrebbe ricordare un albero, con un tronco solido e una chioma rigogliosa. Ma osservandola più attentamente, emerge un’altra immagine: una testa, una mente umana congestionata, invasa da un flusso incessante di informazioni.

Il materiale scelto – plastiche di recupero provenienti dal mare – amplifica il concetto: proprio come la plastica non biodegradabile si accumula senza dissolversi, così anche l’informazione si deposita nella nostra coscienza senza che possiamo davvero elaborarla. Ogni pezzo di plastica è come un dato che ci raggiunge, che si insinua nella nostra mente, che rimane anche quando pensiamo di averlo dimenticato.

Nella società digitale, siamo bombardati da notizie e opinioni 24 ore su 24. I social media, le notifiche, i titoli sensazionalistici e il continuo flusso di aggiornamenti creano una condizione di overload cognitivo, in cui il nostro cervello fatica a distinguere ciò che è importante da ciò che è superfluo.

Ma il vero problema non è solo la quantità di informazioni, bensì la loro qualità e affidabilità. Viviamo in un’epoca in cui ogni versione sembra plausibile, ogni realtà è manipolabile, ogni narrazione può essere alterata. Il risultato è una crisi della verità, in cui diventa sempre più difficile discernere il reale dal falso, il rilevante dall’irrilevante.

Questo eccesso di dati non genera maggiore consapevolezza, ma confusione, ansia e, nei casi più estremi, una forma di paralisi mentale.

Un mare di informazioni, un mare di plastica

L’accumulo di plastica in quest’opera richiama un fenomeno ambientale noto: l’inquinamento da microplastiche negli oceani. Ma questa immagine va oltre l’ecologia, diventando una metafora per la nostra mente, che oggi rischia di diventare una discarica di informazioni, un archivio disordinato di contenuti che non possiamo più gestire consapevolmente.

Come le microplastiche contaminano l’acqua che beviamo, così le informazioni frammentate e distorte contaminano il nostro pensiero.

In questo scenario, il rischio è che la mente perda la capacità di filtrare, analizzare e comprendere, diventando solo un contenitore passivo, sommerso da input che la sovrastano.

 Oggi tutti, consapevoli o meno, siamo parte di un sistema che ci riempie la mente di contenuti senza lasciarci il tempo di elaborarli.

  • Siamo sommersi da informazioni che non possiamo approfondire.
  • Siamo spinti a sapere tutto, ma finiamo per capire sempre meno.
  • Siamo esposti a un flusso continuo di notizie, ma spesso non sappiamo più cosa sia vero e cosa no.

Questa è l’epoca in cui il sapere si trasforma in rumore.

L’opera non è solo un’immagine, è uno specchio della nostra epoca, un monito sulla necessità di tornare a selezionare, riflettere, rallentare, distinguere.